Nell’ambito dei diritti sulle cose l’ordinamento attribuisce al diritto di proprietà una posizione prioritaria indiscussa e lo fa con la previsione dell’art. 832 c.c. che definisce il contenuto del diritto e quale sia la sua portata applicativa: Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”.
In sostanza, il diritto del proprietario sul bene è pieno ed esclusivo, ma non più assoluto, ed è soggetto a limiti positivi: Il dominus può fare tutto quello che vuole con i suoi beni purché rispetti i limiti e gli obblighi previsti dalla legge.
Da ciò ne discende che al proprietario di un bene, nello specifico di un bene immobile, è riconosciuto il potere di servirsi della proprietà, disponendone nei modi e nelle modalità che ritiene più opportune, purché questo non si ponga in conflitto con i principi cardine dell’ordinamento o in contrasto con specifiche norme dell’ordinamento e poste a tutela di tutta la comunità.
Il proprietario può locare, vendere, cedere a terzi, donare, concedere in comodato, la proprietà immobiliare, traendone tutti i frutti, senza incontrare illegittime ed ingiuste limitazioni derivanti dall’esercizio del proprio diritto.
Per contro, l’illegittima compressione del diritto di proprietà è sottoposta a plurime forme di tutela e tra queste quelle esperibili in via principale sono:
- L’azione di rivendicazione
- L’azione restitutoria
- L’azione di mero accertamento della proprietà
In merito all’azione di rivendicazione (che va trascritta, in quanto riguardante un bene immobile) l’obiettivo perseguito è quello di ricongiungere la proprietà al possesso. Si tratta di un mezzo volto a tutelare precipuamente il proprietario non possessore del suo bene ed è teso a consentirgli di ottenerne la restituzione, previa dimostrazione di un titolo di proprietà sul bene posseduto da altri. Tale azione presuppone necessariamente che, al momento della sua proposizione, il bene rivendicato sia nel possesso del convenuto (Cass. Civ. 7777/2005).
Ovviamente spetterà al convenuto opporre e provare eventuali fatti impeditivi.
Nell’azione di rivendicazione, oltretutto, non è nemmeno necessario indicare il titolo in virtù del quale si rivendica la proprietà di un bene immobile, perché le ragioni poste a fondamento delle pretese dell’asserto proprietario-attore risiedono proprio nell’esperimento dell’azione di rivendicazione, e nei fatti nonché negli atti in esso allegati, identificandosi quindi con l’esercizio incontestato del diritto stesso.
Come chiarito dalla Cassazione, nel caso di occupazione abusiva: “Il proprietario che intenda conseguire il possesso della cosa sottrattagli contro la sua volontà (nella specie, per occupazione abusiva) deve esperire l’azione reale di rivendicazione e non già quella personale di restituzione” (Cass. civ., Sez. II, 04/07/2005, n. 14135).
L’azione restitutoria, per contro è un’azione volta a tutela della proprietà latu sensu, mirando ad ottenere la restituzione del bene, senza necessariamente invocare o dimostrare il proprio diritto di proprietà sullo stesso.
Infatti, l’esercizio dell’azione restitutoria non si richiede la prova della proprietà dell’attore ma semplicemente la dimostrazione del venir meno del presupposto ovvero il titolo che garantiva al detentore -convenuto la detenzione del bene e quindi il venir meno della causa per cui il bene era stato consegnato: nullità del titolo di trasferimento della proprietà, scadenza contrattuale, condizione risolutiva ecc – (Cass. Civ. 2092/2000).
Tale forma di tutela garantisce al possessore del bene il pieno e totale esercizio delle prerogative consentitegli dalla legge ovvero: il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale” ai sensi dell’art 1140 c.c
La giurisprudenza recentemente è intervenuta a fornire gli opportuni distinguo: L’azione personale di restituzione è finalizzata ad ottenere l’adempimento dell’obbligazione di ritrasferire una res che è stata in precedenza volontariamente trasmessa dall’attore al convenuto, in forza di negozi, quali, la locazione, il comodato, il deposito ecc., che non presuppongono necessariamente nel tradens la qualità di proprietario. Essa, pertanto, non può surrogare l’azione di rivendicazione, con elusione del relativo rigoroso onere probatorio, quando la condanna al rilascio od alla consegna viene chiesta nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell’assenza anche originaria di ogni titolo. In questo caso la domanda è tipicamente di rivendicazione, poiché il suo fondamento risiede non in un rapporto obbligatorio personale inter partes, ma nel diritto di proprietà tutelato erga omnes, del quale occorre quindi che venga data la piena dimostrazione, mediante la probatio diabolica. La tesi opposta comporta la sostanziale vanificazione della stessa previsione legislativa dell’azione di rivendicazione, il cui campo di applicazione resterebbe praticamente azzerato, se si potesse esercitare un’azione personale di restituzione nei confronti del detentore sine titulo.
Per ultimo, l’azione di mero accertamento della proprietà consta di una domanda in cui si chiede l’emissione di un provvedimento favorevole, volto a confermare l’esistenza del diritto di proprietà, senza però chiedere la restituzione del bene, che normalmente è nel possesso dell’attore-proprietario. Ciò significa che, quando si propone una domanda di accertamento della proprietà senza avere il possesso della cosa, si deve offrire la stessa rigorosa prova prevista per l’azione di rivendicazione così da escludere l’utilizzazione dell’emananda sentenza favorevole per ottenere la consegna della cosa.