In tema di multe, rectius verbale di accertamento di violazioni del Codice della strada, molto dibattuta è la questione intorno all’impugnazione del contenuto dell’accertamento, ovvero il contesto, l’evento e le modalità di accertamento della violazione. Trasfuso in un atto pubblico, “il verbale” può indurre il sanzionato a ritenere che l’unico modo per contestarne la fondatezza sia l’esperimento di una querela di falso (Art. 221 c.p.c).
La norma di riferimento è l’art 2700 C.C. che recita: “l’atto pubblico fa piena prova fino a querela di falso della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.
La Querela di falso è uno strumento processuale che consente di contestare l’autenticità di un atto pubblico con l’obiettivo di accertarne la falsità.
Questo è l’istituto dietro il quale molto spesso, il Prefetto è solito nascondersi per confermare la portata del verbale elevato emettendo, a sua volta, un’ordinanza-ingiunzione che solitamente riporta: “la legge non riconosce pari rilevanza giuridica a versioni dei fatti difformi, in quanto il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti attestati dal P.U. in forza dell’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico ex art. 2700c.c “ e che impone il pagamento di una sanzione raddoppiata nell’ammontare rispetto a quella comminata con il verbale di accertamento e maggiorata delle spese di notifica.
Non è sempre così!
La giurisprudenza molte volte è intervenuta sulla questione soprattutto in relazione a quei verbali di accertamento elevati dagli agenti in relazione ad accadimenti tanto repentini o dinamici (Es. guidare con il telefono in mano) che talvolta la percezione della realtà posta a fondamento dell’accertamento effettuato è solo frutto di una presunzione (Es. presumere un sorpasso quando si vede una moto avanti ad una fila di macchine) o, molto più spesso, distorta.
Ebbene, in questi casi l’ufficio del giudice chiamato a giudicare la fondatezza del contenuto del verbale ovvero della successiva Ordinanza prefettizia è solito ritenere che: “le circostanze che il verbale di accertamento non attesta come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale, o comunque non verificatesi alla presenza del pubblico ufficiale, o contraddittorie rispetto ad altre circostanze oggettive, possono essere provate con ogni mezzo” (Cassazione del 24.07.2009 n.17355) escludendo di fatto, lo strumento della Querela di falso dal novero dei rimedi esperibili per contestare la genuinità della sanzione comminata.
Ed infatti i recenti indirizzi giurisprudenziali della Corte di Cassazione sul punto ritengono che “nel giudizio di opposizione ad ordinanza – ingiunzione del pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile oggettiva contraddittorietà” (Cassazione Sez. Unite Sentenza 24.07.2009, n. 17355).
Anche i giudici dell’appello “Nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa, il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante né ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche” (Corte d’Appello Campobasso Sent. 5 aprile 2018, n. 38).
Persino i giudici di prime cure sono convinti nell’affermare che la fede privilegiata non può riferirsi a giudizi di tipo valutativo o alla menzione delle circostanze relative a fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale che possono risolversi in suoi apprezzamenti personali, per il fatto di essere, entrambi, mediati dall’occasionale percezione sensoriale di accadimenti che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo (cfr. Giudice di Pace di Bergamo, Sez.1 civile, Sent. n.40 del 14 gennaio 2020, Tribunale Benevento, Sezione 1 civile, Sent. 30 gennaio 2019, n. 169).
Pertanto, alla luce di tali principi e considerate le circostanze dell’accertamento, non è sempre possibile riconoscere fede privilegiata ex art. 2700 c.c. alle dichiarazioni rese nel verbale di accertamento che dovrà, sovente, ritenersi viziato, frutto di un errore di fatto sulla percezione dell’ agente rogante e destinato ad essere annullato, senza incardinare un giudizio per Querela di falso, travolgendo l’efficacia dell’ eventuale Ordinanza prefettizia emessa successivamente e ingiustamente.