Nell’ambito del Diritto di Famiglia, conforme ai precedenti Giurisprudenziali è la recente sentenza del Tribunale di Padova n. 1308 del 2021 che ha ribadito non soltanto la responsabilità del marito fedifrago quando in ordine alla la violazione del dovere di fedeltà, l’afflizione provocata superi la soglia della tollerabilità ma anche la corresponsabilità dell’amante quando, avuto riguardo alle modalità con cui si è svolta la relazione extraconiugale, è ragionevole ritenere che le condotte poste in essere abbiano direttamente contribuito a ledere i diritti inviolabili della dignità e dell’onore del coniuge tradito.
Per il vero la pronuncia si inserisce di diritto nel filone del “danno endofamiliare”, nel caso di specie danno derivante dalla violazione dei doveri coniugali, dove accurate riflessioni delle Corti di merito suffragate da quella di legittimità, conferiscono rilievo alle condotte del terzo che, seppur estranee alla sfera prettamente familiare, determinano un danno ingiusto suscettibile di tutela ex art. 2043 c.c.
Concretamente, nella controversia decisa con la sentenza emarginata, la moglie danneggiata dal marito fedifrago e dalla di lui amante lamentava che a seguito di una crisi matrimoniale irreversibile aveva dato corso alla instaurazione di un procedimento di separazione giudiziale e che il venir meno dell’unione affettiva e sentimentale doveva essere ricondotto alle condotte fedifraghe del marito, il quale aveva allacciato una relazione extra coniugale con un’impiegata presso la ditta di famiglia senza nemmeno curarsi di nascondere in pubblico la propria attrazione per la dipendente. A causa di ciò, l’amante, dipendente dell’azienda familiare, aveva quindi cominciato a mancare smaccatamente di rispetto alla donna, sminuendo la sua persona di fronte agli altri lavoratori e rivolgendosi nei suoi confronti in maniera denigratoria e dispregiativa. Nel frattempo, il marito aveva interrotto ogni rapporto sessuale con la moglie e, sempre su istigazione dell’amante, l’aveva allontanata dal luogo di lavoro.
Tutto questo aveva causato un grave malessere psico-fisico nella coniuge tradita, che quindi invocava in giudizio la tutela aquiliana riconosciuta dall’ordinamento laddove la relazione adulterina fosse sfociata in condotte aggressive, violente, moleste o altrimenti vessatorie.
E questo non soltanto nei confronti del marito fedifrago, quanto piuttosto nei confronti dell’amante a titolo di corresponsabilità nella causazione del medesimo evento di danno.
Orbene, la Corte di merito rilevava, in via generale, che: “la natura giuridica del dovere di fedeltà derivante dal matrimonio riguarda ovviamente e principalmente i coniugi stessi che, a seguito dello sposalizio, hanno reciprocamente assunto a proprio carico i doveri delineati nel secondo e terzo comma dell’art. 143 c.p.c., il quale appunto elenca accanto a quello sopra richiamato, anche gli ulteriori doveri di assistenza morale e materiale, di collaborazione, di coabitazione e di contribuzione ai bisogni della famiglia in relazione alle proprie sostanze e capacità di lavoro professionale o casalingo” ma, ad onor del vero, “la sua violazione non sia sanzionata unicamente con le misure tipiche del diritto di famiglia, quale l’addebito della separazione, ma possa dar luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia a ciò preclusiva, sempre che la condizione di afflizione indotta nel coniuge superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale, in ipotesi, quello alla salute o all’onore o alla dignità personale (Conf. Cass. civ. 7 marzo 2019, n. 6598 e Cass. civ. 15 settembre 2011, n. 18853)
Il marito fedifrago, quindi, non va esente da responsabilità laddove la violazione del dovere di fedeltà provochi un’afflizione tale da superare la soglia della tollerabilità, traducendosi nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, primo tra tutti il diritto alla salute ovvero alla dignità personale e all’onore .
In relazione, invece, alle condotte dell’amante il giudice di prime cure osservava: “come il medesimo – pur non essendo ovviamente soggetto all’obbligo di fedeltà coniugale e non potendo quindi essere chiamato a rispondere per la violazione di tale dovere – ciò nonostante possa assumere il ruolo di corresponsabile quando, in forza della propria condotta e avuto riguardo alle modalità con cui si è svolta la relazione extraconiugale, abbia direttamente leso ovvero abbia concorso a violare diritti inviolabili quali la dignità e l’onore del coniuge tradito, affermandosi che ciò possa riscontrarsi laddove egli si sia ad esempio vantato della propria conquista nel comune ambiente di lavoro o ne abbia diffuso le immagini nei confronti di terzi.
Tuttavia, non è questa una nuova forma di responsabilità di tipo oggettivo in quanto: spetterà al coniuge tradito l’onere di provare le predette circostanze ed altresì il nesso di causalità tra la condotta denunciata e il danno lamentato, in assenza dei quali l’amante andrà esente da responsabilità, essendo il suo comportamento inidoneo a integrare gli estremi del danno ingiusto ex art. 2043 c.c., essendosi egli limitato ad esercitare il diritto, costituzionalmente garantito, alla libera espressione della propria personalità, che si concretizza anche nella libertà di scelta del partner amoroso”.
In questo senso quindi l’amante, pur non seggetta all’obbligo di fedeltà coniugale, se con il proprio comportamento e con le proprie condotte lede o concorre a violare diritti inviolabili – quali la dignità e l’onore – del coniuge tradito è sottoposta all’esercizio della responsabilità ex art. 2043 cc, purché risulti provato il nesso causale tra tale condotta, dolosa o colposa, e il danno prodotto e da cui si chiede la protezione.