Un tema assai rilevante da un punto di vista sociale e che sicuramente interessa ognuno di noi è quello degli obblighi assistenziali nei confronti dei parenti, considerati non soltanto nell’ambito del nucleo familiare strettamente inteso, ma anche in un senso più ampio.
In merito a tale tematica, bisogna preliminarmente operare una distinzione: per obblighi assistenziali si intendono sia gli alimenti, che costituiscono lo stretto necessario atto a garantire il sostentamento in vita del soggetto, sia il mantenimento, quale complesso di prestazioni che soddisfano le esigenze di vita dell’individuo, anche in relazione alla sua collocazione economico-sociale.
La disciplina degli obblighi assistenziali va rintracciata nel titolo XIII, libro primo del Codice civile, agli artt. 433 e seguenti, che impongono l’obbligo di mantenimento tra i coniugi ed l’obbligo di mantenimento da parte di entrambi i coniugi nei confronti dei figli minori, come contributo ai bisogni della famiglia, in proporzione alle sostanze e alle capacità di lavoro professionale o casalingo di ciascuno (art. 143 e 148 c.c.).
Tuttavia, in mancanza del coniuge e dei figli – naturali o adottivi – sono tenuti a prestare la propria assistenza, mediante il versamento di un c.d. assegno alimentare, i discendenti prossimi, l’adottante nei confronti del figlio adottivo, i genitori, o in mancanza gli ascendenti prossimi, i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i fratelli.
Il legislatore ha dettato una disciplina molto specifica in materia.
In primo luogo vi sono dei presupposti essenziali affinchè sorga il diritto agli alimenti:
- lo stato di bisogno dell’alimentando;
- l’incapacità dell’alimentando di provvedere al proprio sostentamento economico;
- l’esistenza ed il valore del vincolo relazionale;
- la capacità economica dell’obbligato.
In secondo luogo, vi è una specifica procedura che il soggetto in stato di bisogno deve seguire per poter ottenere assistenza dai propri familiari; l’assistenza dovrà sempre e comunque essere commisurata al bisogno di chi la domanda ed alle condizioni economiche di chi la deve somministrare.
Inoltre, ove dovessero mutare le condizioni economiche dell’obbligante o dell’obbligato, l’autorità giudiziaria potrà provvedere nel merito a ricondurre il contesto ad equità.
Nello specifico, la scelta di come adempiere all’obbligo alimentare è rimessa alla libera determinazione dell’obbligato, che quindi potrà provvedere mediante un assegno periodico oppure fornendo vitto e alloggio a colui che ne ha diritto.
E’ rimessa anche all’autorità giudiziaria l’opportunità di determinare le modalità di somministrazione, e quindi, in extrema ratio, a disporre che l’obbligato accolga in casa il parente più prossimo che ne ha diritto.
È necessario poi chiarire la differenza che esiste tra l’obbligazione alimentare e le prestazioni assistenziali variamente erogate dallo Stato e dagli Enti Pubblici (es. ex L. 328/2000).
Innanzitutto, queste si muovono su due piani distinti e paralleli: la prima consiste in un’obbligazione di stampo privatistico mentre le seconde hanno una matrice prettamente pubblicistica.
Non si può dunque sostenere che l’assistenza pubblica intervenga sussidiariamente ovvero quando non esistono parenti obbligati alla corresponsione degli alimenti.
I due livelli non ammettono contaminazioni o interferenze e ciò si appalesa evidentemente nell’ambito processuale dove l’ente pubblico versa nell’impossibilità di agire in giudizio nei confronti dei familiari, sottoposti all’obbligo di corresponsione degli alimenti per ottenere il rimborso delle prestazioni assistenziali rese. In tal senso la Giurisprudenza è granitica (ex multis Cass. 8 maggio 2019, n.12042 e Cass. 12042/2019).
Atteso che le prestazioni assistenziali si rivolgono esclusivamente alle fasce più deboli della società, non limitandosi esclusivamente a quelle che versano in un “semplice” stato bisogno, i due istituti non sono completamente autonomi ed asettici in quanto, nella maggior parte dei casi, nel sistema di erogazione delle singole prestazioni assistenziali da parte degli enti pubblici, ciò che si realizza è una compartecipazione dell’interessato ai costi, sulla base delle sue possibilità economiche secondo un regime di “gratuità modulata” da valutare sulla base dei calcoli ISEE di volta in volta avuto riguardo delle possibilità familiari.
Tuttavia, la platea dei congiunti da considerare nei calcoli ISEE non coincide esattamente con il novero di parenti ed affini di cui agli artt. 433 ss. c.c sottoposti all’obbligo alimentare e ciò con tutte le conseguenze di diritto che esso comporta relativamente alla corretta individuazione del soggetto concretamente obbligato all’erogazione delle prestazioni economiche.