La “patrimoniale” è un’imposta sul patrimonio. È un’imposta e non una tassa perché versata non a fronte di uno specifico servizio ricevuto da parte degli enti pubblici ma è prelevata dallo Stato o dagli Enti pubblici per essere corrisposte nuovamente alla collettività attraverso politiche sociali e di inclusione.
E’ un’imposta “multiforme” applicabile sia sui beni mobile che immobili, quindi denaro, azioni obbligazioni, ma anche a case e terreni, tassando in questo modo indici diretti ed indiretti di ricchezza e quindi di capacità contributiva.
Può essere fissa – dello stesso importo per tutti i contribuenti – o variabile, calcolata proporzionalmente sulla base della consistenza patrimoniale.
Può essere straordinaria – applicata solo in situazioni di emergenza- o periodica, anche se accade sempre che seppur imposta in via straordinaria, venga poi annualmente riconfermata fino a diventare un’imposta ordinaria/periodica (confr. ISI-ICI-IMU e IRAP).
L’imposta patrimoniale non va confusa con il prelievo forzoso ovvero una particolare forma di imposizione che colpisce direttamente ed esclusivamente i risparmi ed il prelievo avviene in misura proporzionale al volume della liquidità depositata presso i conti correnti dei contribuenti, senza necessitare dell’approvazione del risparmiatore.
La patrimoniale svolge quella che viene definita una “funzione di discriminazione qualitativa dei redditi” colpendo principalmente i redditi diversi da quelli che derivano dal lavoro,
Sulla legittimità di un tale tipo d’imposizione esistono diverse interpretazioni. Alcuni la definiscono incostituzionale a mente dell’art. 53 Cost. che presidia il principio della capacità contributiva, dato che la patrimoniale incide sul patrimonio in senso assoluto, con la riduzione del suo valore e quindi della ricchezza del contribuente; altri invece la legittimano sostenendo la concretizzazione di un mero prelievo di ricchezza, e quindi equo se ispirato a criteri di progressività.
Lo Stato italiano è ricorso svariate volte a questo di imposizione, e lo ha fatto quasi esclusivamente con imposte di tipo straordinario richieste da specifiche situazioni eccezionali:
- nel 1922 fu istituita una patrimoniale dopo la Prima guerra mondiale (con il R.D.L. 5 febbraio 1922, n. 78) allo scopo di effettuare un prelievo straordinario sulla ricchezza nazionale; essa colpiva sia le persone fisiche sia gli enti collettivi;
- tra il 1936 e il 1938 le eccezionali esigenze della finanza statale determinarono la successiva istituzione di altre tre imposte patrimoniali, anch’esse di carattere straordinario: sulla proprietà immobiliare (con il R.D.L. 5 ottobre 1936, n. 1743, convertito dalla legge n. 151 del 14 gennaio 1937), sul capitale delle società per azioni (con il R.D.L. 19 ottobre 1937, n. 1729, convertito dalla legge n. 19 del 13 gennaio 1938), sul capitale delle aziende industriali (con il R.D.L. 9 novembre 1938, convertito dalla legge n. 250 del 19 gennaio 1939)[1].
- nel 1947 sono state istituite un’imposta straordinaria progressiva patrimoniale sulle persone fisiche ed un’imposta proporzionale sul patrimonio degli enti (persone giuridiche e non), per sopperire agli oneri finanziari della ricostruzione;
- oggi le più comuni sono l’IMU e la TASI, l’imposta sulle successioni e le donazioni, le imposte ipotecarie e catastali.
Il tema della patrimoniale è ritornato in auge a causa del gravissimo dissesto finanziario causato dalla pandemia di covid-19 ed in particolare in Parlamento, sotto l’egida del governo Conte, era approdato un emendamento alla Legge di Bilancio a firma dell’On. Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana – LeU) e Matteo Orfini (PD) che prevedeva l’abolizione dell’IMU e dell’imposta di bollo sui conti correnti e di deposito titoli, sostituite un’imposta variabile sui grandi patrimoni (superiori ai 500.000,00 euro), ipotizzando un’aliquota progressiva di:
- 0,2%, per patrimoni da 500 mila euro fino a 1 milione di euro;
- 0,5% per quelli tra 1 milione e 5 milioni di euro;
- 1% per quelli tra 5 milioni e 50 milioni di euro;
- 2% per quelli oltre i 50 milioni di euro;
- 3% una tantum solo per l’anno 2021 per i patrimoni superiori a 1 miliardo di euro.
Tutto si è concluso con un nulla di fatto e al momento nessun nuovo prelievo sul patrimonio è stato introdotto. Questo non significa che il pericolo è stato scongiurato. Oggi, le coriacee patrimoniali già largamente applicate restano come resta il pericolo di vederle aumentare nel numero e nelle percentuali per fronteggiare la forte crisi finanziaria che affligge il paese.
[1] 1922 Imposta straordinaria sul patrimonio