Cass. civ., Sez. I, Ord., (data ud. 31/05/2023) 05/06/2023, n. 15693
Contesto e tematiche affrontate
La sentenza si inserisce nell’ambito del diritto di famiglia, affrontando questioni legate all’affidamento condiviso di una figlia minorenne, al regime di visita dei genitori e alla determinazione dell’assegno di mantenimento in un contesto di separazione personale dei coniugi.
La pronuncia mette in evidenza tre aspetti principali:
- L’assegnazione della collocazione prevalente presso uno dei genitori.
- La regolamentazione dei tempi di visita in relazione alla distanza geografica tra i genitori (Italia e Lituania).
- La determinazione dell’assegno di mantenimento e il principio di proporzionalità degli oneri tra i genitori.
Aspetti giuridici di rilievo
- Affidamento e collocazione della minore: La Corte conferma il principio del diritto del minore a mantenere rapporti equilibrati con entrambi i genitori, nonostante la distanza geografica. La discrezionalità del giudice di merito nel bilanciare le esigenze dei genitori e l’interesse superiore del minore è ribadita, con particolare attenzione alle modalità di visita e ai tempi di permanenza.
- Autosufficienza del ricorso: La Corte dichiara inammissibili alcuni motivi di ricorso del padre, A.A., per difetto del principio di autosufficienza. Non sono stati forniti elementi sufficienti per verificare eventuali errori procedurali o novità delle domande avanzate in primo grado.
- Assegno di mantenimento: La decisione della Corte d’Appello sul contributo al mantenimento della figlia viene cassata per carenza motivazionale. La Cassazione richiama il principio di proporzionalità, sottolineando la necessità di valutare i redditi e i tempi di permanenza della minore presso ciascun genitore.
Valutazioni critiche
- Regime di visita: La decisione sul regime di visita appare equilibrata, ma il ricorrente lamenta che non sia stata sufficientemente giustificata la scelta di limitare la libertà di movimento del padre durante i periodi di visita. La Cassazione, pur respingendo il motivo, ribadisce l’importanza dell’interesse della minore come criterio prioritario.
- Carenza motivazionale sull’assegno di mantenimento: La Cassazione censura la decisione della Corte d’Appello, ritenendola apodittica. Questo evidenzia l’importanza di un’analisi dettagliata dei redditi e delle esigenze dei figli nella determinazione degli obblighi di mantenimento.
Implicazioni pratiche
La sentenza ha importanti implicazioni:
- Rafforza il principio dell’interesse superiore del minore come guida nelle decisioni sull’affidamento e sul mantenimento.
- Evidenzia la necessità di una rigorosa motivazione da parte dei giudici in merito alla distribuzione degli oneri economici tra i genitori.
- Sottolinea l’importanza della conformità ai principi processuali, in particolare il rispetto del contraddittorio e il principio di autosufficienza del ricorso.
Conclusione
La Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso, rinviando alla Corte d’Appello per una nuova valutazione sul mantenimento. Questa pronuncia sottolinea la centralità dell’interesse del minore nelle decisioni giuridiche e impone ai giudici di motivare adeguatamente le loro decisioni, specialmente in situazioni complesse come quelle caratterizzate da una distanza geografica significativa tra i genitori.
DIVORZIO› Assegno di divorzio
SEPARAZIONE DEI CONIUGI› Provvedimenti riguardo ai figli
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 1403/2021, pronunciò la separazione personale dei coniugi A.A. e B.B., disponendo l’affido condiviso ad entrambi della loro figlia minorenne C.C., nata il (Omissis), con collocazione prevalente presso il padre a Genova, e regolamentando il regime delle frequentazioni della stessa con la madre, “attualmente trasferitasi in Lituania dove frequenta un corso universitario”, oltre che dei periodi di vacanze (estive, natalizie e pasquali) con i genitori. Precisò, inoltre, che i costi dei viaggi di C.C. dall’Italia verso la Lituania, e viceversa, sarebbero stati a carico del padre, nel periodo estivo, gravando, invece, sulla madre quelli eventualmente effettuati dalla minore nel corso dell’anno scolastico (comprese le vacanze natalizie). Stabilì, poi, che il A.A. avrebbe provveduto, “in via esclusiva e diretta, al mantenimento ordinario della figlia nel periodo in cui la figlia è presso di lui”, altresì contribuendo “al mantenimento ordinario della figlia versando alla madre la somma di Euro 500,00, (…) mediante bonifico bancario entro il giorno 5 dei mesi da giugno a settembre compresi, rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT”. Ripartì, infine, tra i genitori, in ragione del 50% ciascuno, le spese straordinarie della medesima figlia.
2. Il gravame promosso dal A.A. contro questa decisione fu parzialmente accolto dalla Corte d’appello di Genova, con “ordinanza” del 12 aprile 2022, n. 211, resa nel contraddittorio con la B.B..
2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte, dopo aver confermato la collocazione della minore presso il padre, osservò che “il Tribunale ha correttamente disposto in ordine al regime di visita del genitore non collocatario in ragione della considerevole distanza tra i due Paesi ove vivono le parti. In particolare, appare ragionevole consentire alla mamma di poter vedere e tenere con sè la bambina, durante l’anno scolastico, in Italia, per un week end o una settimana al mese in considerazione della opportunità di valorizzare il tempo necessario per gli spostamenti e la possibilità di consentirle un periodo congruo di condivisione della vita della bambina. Ugualmente ragionevole ed equo è il criterio dell’alternanza nella determinazione del periodo di visita nei periodi natalizio e pasquale in modo da consentire a ciascun genitore di fruire di un congruo periodo di vacanza con la figlia e di far condividere alla bambina i periodi di festa con le famiglie di origine di ciascun genitore”. Quanto al periodo estivo, poi, ritenne “opportuno, ragionevole e corrispondente agli interessi della minore, consentire la fruizione di un periodo di ferie paritario tra i genitori nella misura di due settimane ciascuno in occasione delle quali potranno condurre in vacanza la bambina ove ritengano, così come disposto dal Tribunale. Inoltre, considerando la estrema difficoltà di poter trascorre i fine settimana alternati con la bambina per la distanza tra i due Paesi, appare opportuno disporre che il padre possa tenere con sè la bambina una settimana in Lituania con le seguenti modalità: dal lunedì al giovedì potrà tenere con sè C.C. dalle ore 15 alle ore 20 e nel fine settimana dal venerdì alle ore 15 alla domenica sera alle ore 20,00. Naturalmente le parti potranno accordarsi per modificare gli orari indicati in ragione delle esigenze ed i desideri della bambina”. Confermò, per il resto, la decisione, puntualizzando, in particolare, quanto all’assegno di mantenimento, che, “non risultando che la B.B. svolga attività lavorativa nè abbia redditi, ed in considerazione degli oneri di viaggio da cui è gravata per fare visita alla figlia e portarla con sè in Lituania, l’importo indicato a carico del padre appare ragionevole e congruo”.
3. Per la cassazione dell’appena descritto provvedimento ha proposto ricorso il A.A., affidandosi a tre motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.. mentre la B.B. è rimasta solo intimata.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è rubricato “Violazione dell’art. 189 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″. Muovendo dall’assunto che, in primo grado, “il Giudice Istruttore, in ottemperanza dell’art. 189 c.p.c., aveva invitato “le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono sottoporre al collegio stesso, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell’art. 183″”, il A.A. sostiene che, mentre lui aveva precisato le proprie conclusioni nel rispetto della norma sopracitata ed alla luce delle risultanze istruttorie, altrettanto non aveva fatto la B.B., la quale, invece, aveva invocato un regime di visita madre/figlia, vista la collocazione della minore presso il padre in Italia, del tutto nuovo, così violando il contraddittorio e quanto previsto dall’art. 189 c.p.c., in quanto la sua nuova richiesta – la rinuncia della collocazione presso di sè e la regolamentazione delle visite in Lituania – non era stata oggetto di alcuna discussione in sede istruttoria, con conseguente impossibilità, per l’odierno ricorrente, di esaminarla e di contraddire, se non in sede di comparse conclusionali.
1.1. Una siffatta doglianza si rivela inammissibile alla stregua delle dirimenti considerazioni di cui appresso.
1.2. Innanzitutto, il motivo, in evidente violazione del principio di autosufficienza, non riporta il tenore delle conclusioni originariamente rese dalla B.B. al momento della sua costituzione in primo grado. Già solo per tale ragione, dunque, questa Corte è posta nell’impossibilità di verificare l’asserita novità delle richieste formulate da quest’ultima in sede di precisazione delle conclusioni come oggi lamentato dal A.A..
1.2.1. In proposito, è doveroso rimarcare che, come sancito da Cass., SU, n. 20181 del 2019 , la Corte di cassazione, “allorquando sia denunciato un error in procedendo, essendo anche giudice del fatto, ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; ma con la precisazione che, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, è necessario una sollecitazione del potere di accertamento del vizio e cioè che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame. Sicchè il corrispondente motivo in tanto è ammissibile ove contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni ed i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale. Infatti, il potere-dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non significa che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla parte allegarli ed indicarli”.
1.3. A tanto deve aggiungersi che il mancato rilievo, da parte del giudice di primo grado, di eventuali domande nuove inammissibili perchè ivi tardivamente proposte (la relativa preclusione, infatti, in quanto volta a tutelare anche l’interesse pubblico al corretto e celere andamento del processo, non può essere influenzata dall’atteggiamento processuale della controparte al riguardo. Cfr. Cass. n. 25598 del 2011 ), si traduce in vizio della sentenza da far valere, ai sensi dell’art. 161 c.p.c., comma 1, come motivo di gravame.
1.3.1. Nella specie, il provvedimento oggi impugnato nulla riferisce circa una specifica doglianza così formulata in appello dal A.A.. Occorre ricordare, allora, che, – come ancora recentemente ribadito da Cass. n. 25909 del 2021 e Cass. nn. 5131 , 9434 e 13408 del 2023 (cfr. anche nelle rispettive motivazioni) – per giurisprudenza pacifica di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella decisione impugnata, esso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso stesso. I motivi di quest’ultimo devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili, per la prima volta, in sede di legittimità, questioni nuove o temi di contestazione non trattati nella fase di merito, nè rilevabili d’ufficio (cfr. Cass. n. 32804 del 2019 ; Cass. n. 2038 del 2019 ; Cass. n. 20694 del 2018 ; Cass. n. 15430 del 2018 ; Cass. n. 23675 del 2013 ). In quest’ottica, il ricorrente ha l’onere – rimasto, nella specie, inosservato – di riportare dettagliatamente in ricorso, a pena di inammissibilità, gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. n. 9765 del 2005 ; Cass. n. 12025 del 2000 ). Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 19164 del 2007 ; Cass. n. 17041 del 2013 ; Cass. n. 25319 del 2017 ; Cass. n. 20712 del 2018 ).
2. Il secondo motivo di ricorso prospetta la “Violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″. Assume il ricorrente che “Il Tribunale di Genova, nel decidere il regime di visita tra madre e figlia, ha disposto un regime di visita ben diverso da quello richiesto dalla madre, violando quindi il disposto di cui all’art. 112 c.p.c. che prevede che il giudice si debba pronunciare su tutta la domanda “e non oltre i limiti di essa”. (…). Nel caso di specie, il Tribunale non solo ha accolto le richieste materne senza che fosse instaurato il necessario contraddittorio con il A.A., ma ha anche adottato una decisione che non corrisponde alle domande della madre. (…). La Corte d’Appello, senza pronunciarsi in alcun modo sull’eccezione circa la violazione del principio tra il chiesto ed il pronunciato, ha confermato tale decisione alla luce della richiesta della madre”. Aggiunge, inoltre, che “Il Tribunale aveva correttamente previsto che il padre possa trascorrere due settimane estive di vacanza con la figlia ma ha disposto che “il padre potrà vedere e tenere con sè C.C. a week end alternati in Lituania”, senza tenere conto che i due Paesi distano 2.400 chilometri ed è necessario prendere sei aerei, tanto che il ricorrente, di recente, per vedere la figlia ha trascorso quattro giorni fuori casa. In sede di appello, pertanto, il A.A. chiedeva di compattare i quattro fine settimana estivi che gli spettano in un’unica settimana a luglio, e la resistente si opponeva chiedendo la riduzione del regime stabilito dal tribunale prevedendo i fine settimana solo nel mese di luglio. La Corte d’Appello, nella propria decisione, adottava una soluzione ancora diversa e, di nuovo, assolutamente illogica: “(…) considerando la estrema difficoltà di poter trascorre i fine settimana alternati con la bambina per la distanza tra i due Paesi, appare opportuno disporre che il padre possa tenere con sè la bambina una settimana in Lituania con le seguenti modalità: dal lunedì al giovedì potrà tenere con sè C.C. dalle ore 15 alle ore 20 e nel fine settimana dal venerdì alle ore 15 alla domenica sera alle ore 20,00″. In tal modo, oltre a ridurre ulteriormente ed inspiegabilmente i tempi di visita della bambina con il padre durante l’estate (dalle 15,00 alle 20,00), la decisione viola il diritto costituzionale del A.A. di potersi muovere liberamente con sua figlia senza dover rimanere necessariamente in Lituania. Anche la Corte d’Appello, pertanto, è incorsa nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto (da entrambe le parti) ed il pronunciato adottando una decisione che non è neppure giustificata dall’interesse della minore, violando il principio della domanda proposta dalle parti come fondamento del dovere decisorio”.
2.1. Una siffatta doglianza si rivela complessivamente insuscettibile di accoglimento, rimarcandosi, peraltro, fin da ora, che la legittimità della decisione adottata dal giudice di appello deve essere verificata con esclusivo riguardo alle questioni sottoposte al suo esame e dallo stesso risolte per decidere la controversia, risultando ad essa del tutto estranea la decisione eventualmente diversa del giudice di primo grado, la quale è destinata a rimanere interamente travolta ed assorbita da quella emessa, in sua sostituzione, dal giudice del gravame, che, dunque, può limitarsi ad una valutazione diretta del materiale probatorio messo a disposizione dalle parti, nell’ambito delle questioni sollevate con i motivi di impugnazione, senza essere tenuto ad una puntuale confutazione dei singoli punti della decisione impugnata (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4226 del 2021 ; Cass. n. 395 del 2021 ; Cass. n. 15038 del 2018 ; Cass., n. 28487 del 2005 ; Cass. n. 9670 del 2003 ; Cass. n. 2078 del 1998 ).
2.2. Fermo quanto precede, l’assunto secondo cui, “Nel caso di specie, il Tribunale non solo ha accolto le richieste materne senza che fosse instaurato il necessario contraddittorio con il A.A., ma ha anche adottato una decisione che non corrisponde alle domande della madre”, non merita seguito giusta quanto si è appena detto, oltre che, soprattutto, di quanto si è osservato dichiarandosi inammissibile il primo motivo di ricorso.
2.3. Miglior sorte, poi, nemmeno tocca all’affermazione per cui anche la corte distrettuale, modificando la statuizione di primo grado nel decidere sul regime di frequentazione tra genitori e figli, aveva violato il principio di corrispondenza tra il chiesto (da entrambe le parti) ed il pronunciato, adottando una decisione neppure giustificata dall’interesse della minore.
2.3.1. Invero, questa Corte ha recentemente sancito che “Il diritto del minore al mantenimento di rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori (art. 337-quater c.c.), che, in via sistematica, si colloca all’interno di quello al rispetto della vita familiare di rilievo convenzionale (art. 8 Cedu), là dove si verifichi la crisi della coppia va riconosciuto dal giudice del merito in composizione con l’interesse del genitore, collocatario e non, nella loro reciproca relazione in cui l’interesse primario del figlio deve porsi quale punto di “tenuta” o “caduta” della mediazione operata” (cfr. Cass. n. 4796 del 2022 ). Muovendo, allora, da tale principio, che il Collegio condivide ed intende ribadire, ne consegue che le determinazioni del giudice di merito riguardanti il regime (oltre che di affido e collocamento, nella specie rimasti privi di specifiche censure in sede di gravame, ma anche) di visita e/o di frequentazione tra genitori e figlio minorenne, proprio perchè finalizzate alla tutela dell’interesse preminente del minore ad una crescita equilibrata nel rapporto con entrambi i genitori – costituente, come si è detto, il prioritario criterio che deve guidare il giudice nella decisione sul punto – non può certamente ritenersi vincolata alle corrispondenti, contrapposte richieste delle parti (rectius: dei genitori del minore stesso), ben potendo il primo stabilire modalità di visita e/o frequentazione anche più ampie, oppure alternative, rispetto a quelle proposte da queste ultime o da quelle da loro godute in passato.
2.3.2. Il concreto regime di visita e/o frequentazione genitori/figli minorenni, dunque, al pari della questione dell’affidamento della prole, si rivela essere oggetto di valutazione discrezionale del giudice di merito (da effettuarsi in base al criterio fondamentale rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale dei minori previsto dall’art. 337-quater c.c., e sostenuta non solo dalla verifica della idoneità o inidoneità genitoriale di entrambi i genitori, ma anche e, soprattutto, dalla considerazione delle ricadute che la relativa decisione avrà, nei tempi brevi e medio lunghi, sulla vita dei figli), il quale, ove dia sufficientemente conto delle ragioni della decisione adottata, esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità, se non sotto il limitato profilo in cui è oggi sancita (giusta l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo introdotto dal D.L. n. 83 del 2012 , convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 , qui applicabile ratione temporis, risultando impugnato un provvedimento pubblicato il 12 aprile 2022) la possibilità di censure motivazionali (in nessun modo prospettate, tuttavia, nella presente doglianza).
3. Il terzo motivo di ricorso denuncia la “Violazione dell’art. 337-quater c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″. Sostiene il ricorrente che “Anche la decisione in punto mantenimento della minore ha palesemente violato i principi di legge in quanto il Tribunale ha immotivatamente attribuito un assegno di mantenimento per la figlia in favore della Sig.ra B.B., la quale aveva chiesto un contributo per i due mesi in cui tiene con sè la figlia nonostante il padre la mantenga direttamente negli altri dieci mesi, violando i principi della bigenitorialità che devono valere per entrambi. Il Tribunale, infatti, ha acriticamente disposto, come esattamente richiesto dalla resistente, che “il padre provvederà in via esclusiva e diretta al mantenimento ordinario della figlia nel periodo in cui la figlia è presso di lui; il padre contribuirà al mantenimento ordinario della figlia versando alla madre la somma di Euro 500,00, somma da versare mediante bonifico bancario entro il giorno 5 dei mesi da giugno a settembre compresi”. Il ricorrente ritiene che la collocazione della minore presso di sè avrebbe giustificato la determinazione di un assegno di mantenimento a carico della madre, proprio perchè la collocazione va concretamente valutata ai fini della determinazione di un assegno, così come prescrive l’art. 337-ter , c.c.. Il Sig. A.A. è ben lieto di provvedere integralmente al mantenimento della figlia quando è con lui, anzi, lo ritiene un dovere ineliminabile ed una sua responsabilità, ma è altrettanto convinto della necessità (e dell’obbligo) che anche la madre debba provvedere al mantenimento della figlia invece di ricevere un assegno che, facendo riferimento al numero dei mesi in cui lei ha con sè la figlia, è assolutamente ingiustificabile. Il Tribunale, prevedendo che “il padre provvederà in via esclusiva e diretta al mantenimento ordinario della figlia” sia nel periodo in cui l’ha con sè e sia nel periodo in cui la figlia è presso la madre, ha violato palesemente il principio di responsabilità genitoriale che riguarda entrambi i genitori. (…). La Corte d’Appello respingeva l’impugnazione del Sig. A.A., “quanto all’assegno di mantenimento, non risultando che la B.B. svolga attività lavorativa nè abbia redditi, ed in considerazione degli oneri di viaggio da cui è gravata per fare visita alla figlia e portarla con sè in Lituania, l’importo indicato a carico del padre appare ragionevole e congruo” ignorando anzitutto il fatto che non è vero che la resistente non abbia redditi, come sopra accennato, e, soprattutto, che, se lei è gravata “dagli oneri di viaggio” ciò è dovuto alla sua autonoma decisione di trasferirsi senza la figlia in Lituania, che anche il Sig. A.A. è onerato dai costi dei viaggi per recarsi in Lituania d’estate, e infine che nel 2022 la madre si è recata a far visita alla figlia una sola volta a Pasqua, così che non ha avuto oneri di viaggio. La violazione delle norme che è stata evidenziata e che è il motivo principale del presente ricorso, emerge dall’interpretazione delle norme, l’art. 147 c.c., che tratta dei “Doveri verso i figli”, con particolare riferimento all’art. 30 Cost., e l’art. 337-ter c.c., che dispone che (…), per il contributo al mantenimento dei figli minori, precisa i principi cui fare riferimento (…). Il Sig. A.A. non intende richiedere un contributo al mantenimento della figlia (la Sig.ra B.B. non provvede in alcun modo alla figlia, rifiutandosi di concorrere alle spese straordinarie), ma ritiene che sia corretto che ognuno dei due genitori mantenga quantomeno la figlia nel periodo in cui la tiene con sè, anche se totalmente sbilanciato (tenuto peraltro conto che la somma disposta è esagerata, visto che in Lituania uno stipendio medio è pari a circa Euro 300,00). (…). Di conseguenza l’attribuzione di un assegno di mantenimento in favore della figlia alla Sig.ra B.B. è un provvedimento del tutto infondato ed illogico, visto che la bambina viene già mantenuta in via esclusiva dal padre per dieci mesi all’anno, mentre la madre vi provvede per circa due mesi ma oggi, con il provvedimento impugnato, viene mantenuta unicamente dal padre”.
3.1. Una siffatta doglianza si rivela fondata nei soli limiti di cui appresso, dovendosi peraltro ribadire anche in relazione ad essa, quanto già si detto in relazione al secondo motivo circa il fatto che la legittimità della decisione adottata dal giudice di appello deve essere verificata con esclusivo riguardo alle questioni sottoposte al suo esame, e dallo stesso risolte per decidere la controversia, risultando ad essa del tutto estranea la decisione eventualmente diversa del giudice di primo grado, la quale è destinata a rimanere interamente travolta ed assorbita da quella emessa, in sua sostituzione, dal giudice del gravame, che, dunque, può limitarsi ad una valutazione diretta del materiale probatorio messo a disposizione dalle parti, nell’ambito delle questioni sollevate con i motivi di impugnazione, senza essere tenuto ad una puntuale confutazione dei singoli punti della decisione impugnata (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4226 del 2021 ; Cass. n. 395 del 2021 ; Cass. n. 15038 del 2018 ; Cass., n. 28487 del 2005 ; Cass. n. 9670 del 2003 ; Cass. n. 2078 del 1998 ).
3.2. Giova ricordare, innanzitutto, che entrambi i genitori hanno il dovere di mantenere i figli: si tratta di un principio fondante il vigente sistema giuridico, da considerarsi operante sia in costanza di matrimonio (cfr. artt. 143 , 147 e 316-bis c.c.) o di convivenza, sia nella fase di disgregazione dell’unione per separazione, divorzio o cessazione della convivenza (cfr. artt. 316-bis e 337-ter c.c.). Entrambi i genitori, dunque, sono chiamati a provvedervi proporzionalmente alle loro sostanze e secondo le loro capacità di lavoro professionale o casalingo.
3.3. La modalità primaria di adempimento dell’obbligo predetto è, ragionevolmente, quella del mantenimento diretto. La disgregazione della famiglia conseguente alla separazione, al divorzio ed all’interruzione della convivenza, tuttavia, può far sorgere la necessità di ristabilire la misura della proporzionalità contributiva dei genitori nei confronti della prole. In altri termini, se entrambi potranno continuare a provvedere alle esigenze ed alle spese connesse alla crescita dei figli, in via diretta, quando li hanno con sè, nondimeno si potrà verificare la necessità di riequilibrare la proporzionalità degli oneri che su ciascuno debbono gravare attraverso la previsione di un assegno di mantenimento.
3.4. E’ noto, poi, che la L. 8 febbraio 2006, n. 54 , ha introdotto la disciplina dell’affidamento condiviso. Già la scelta del termine è significativa, rispetto all’espressione più tradizionale, contenuta nella legge di divorzio dopo la riforma del 1987, di “affidamento congiunto”: non solo affidamento ad entrambi, ma fondato sul pieno consenso di gestione, sulla condivisione, appunto. Ciò, tuttavia, non esclude che il minore possa essere prevalentemente collocato presso uno dei genitori, anche se l’altro dovrà avere ampia possibilità di vederlo e tenerlo con sè.
3.4.1. La corresponsione dell’assegno, allora, diviene la modalità con cui un genitore, generalmente quello non collocatario in via prevalente, provvede indirettamente e periodicamente alle spese connesse alle esigenze dei figli somministrando all’altro un importo con lo scopo di assicurare alla prole il soddisfacimento delle attuali esigenze e ad assicurargli uno standard di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di convivenza dei genitori (cfr. Cass. n. 6652 del 2023 ; Cass. n. 785 del 2012 ), altresì potendo assumere rilevanza gli incrementi o le diminuzioni di reddito di ciascuno di essi, se riferibili all’attività che i medesimi svolgevano durante la convivenza, rappresentandone un possibile sviluppo.
3.5. La debenza dell’assegno indiretto/perequativo, peraltro, non è automatica: il dovere di mantenimento dei figli, infatti, potrebbe essere pienamente ed adeguatamente assolto anche solo in via diretta. La corresponsione di un importo perequativo diviene necessaria, invece, allorquando, stante il divario reddituale e patrimoniale tra i genitori, considerati i costi connessi al mantenimento diretto della prole anche in relazione ai tempi di permanenza dei figli presso ciascuno di essi, si renda necessario riequilibrare la proporzionalità degli oneri di spesa a carico degli stessi. Merita di essere precisato, tuttavia, che l’affidamento condiviso, se, da un lato, non elimina l’obbligo dei genitori di contribuire alle esigenze di vita dei figli mediante la corresponsione di un assegno perequativo, dall’altro, non implica, come sua conseguenza “automatica”, che ciascuno di essi debba provvedere paritariamente, in modo diretto ed autonomo, alle predette esigenze (cfr. Cass. n. 6652 del 2023 ; Cass. n. 26060 del 2014 ).
3.5.1. Non esiste un criterio fisso, predeterminato, diretto a stabile ex ante la misura dell’assegno cui il genitore sia tenuto. Il sistema normativo non prevede (diversamente da quanto avviene in altri ordinamenti) che una quota fissa dei redditi dell’obbligato sia destinata al mantenimento della prole. L’art. 337-ter c.c. individua quali primari parametri di riferimento ai fini della quantificazione dell’assegno predetto, tra gli altri, le “attuali esigenze del figlio” ed il “tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori”.
3.5.2. E’ necessario, quindi, in via preliminare, che siano dimostrate, anche tramite presunzioni, quali siano le concrete esigenze di vita della prole, anche in considerazione della loro età e delle loro particolari condizioni, trattandosi di un elemento primario di valutazione, altresì rimarcandosi che l’aumento delle esigenze economiche dei figli è notoriamente legato alla loro crescita e non ha bisogno di specifica dimostrazione. L’assegno assolve, allora, ad una molteplicità di esigenze, non riconducibili al solo obbligo alimentare, ma estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione, fin quando l’età dei figli stessi lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere a tutte le necessità di cura e di educazione (cfr. Cass. n. 21273 del 2013 , che ha pure precisato, opportunamente, che “non esiste duplicazione del contributo nel caso sia stabilito un assegno di mantenimento omnicomprensivo con chiaro riferimento a tutti i bisogni ordinari e, contemporaneamente, si predisponga la misura della partecipazione del genitore alle spese straordinarie, in quanto non tutte le esigenze sportive, educative e di svago rientrano tra le spese straordinarie”). L’entità dell’assegno di mantenimento, inoltre, dipende anche dal tenore di vita goduto in costanza di convivenza dei genitori, dal momento che la frattura familiare conseguente alla dissoluzione della convivenza non deve incidere negativamente sui figli compromettendone la qualità di vita che deve rimanere “tendenzialmente” analoga.
3.5.3. Costituiscono altri parametri idonei ad influire sulla misura dell’assegno indiretto “i tempi di permanenza presso ciascun genitore” (e, quindi, il mantenimento diretto), “le risorse economiche di entrambi i genitori” e “la valenza economica dei compiti domestici e di cura assicurati ai figli da ciascun genitore”, dovendosi sottolineare che la valenza dell’espressione “risorse economiche” è di ampio respiro, sicchè il giudice non può limitarsi a considerare soltanto il reddito emergente dalla documentazione fiscale, se prodotta, ma deve tenere conto anche degli altri elementi di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti, dovendo, in caso di specifica contestazione di una di esse, effettuare i dovuti approfondimenti rivolti ad un pieno accertamento delle rispettive risorse economiche di ciascun genitore (incluse eventuali disponibilità monetarie, investimenti in titoli obbligazionari ed azionari ed in beni mobili), avuto riguardo a tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di benessere e di fondate aspettative per il futuro (cfr. Cass. n. 6652 del 2023 ; Cass. n. 9915 del 2007 ).
3.5.4. L’accertamento delle disponibilità reddituali e patrimoniali dei genitori, peraltro, può essere effettuato, a tali fini, anche in assenza di richiesta della parte, d’ufficio dal giudice. Sul punto, è sufficiente ricordare che Cass. n. 35710 del 2021 ha ribadito, tra l’altro, che, “in tema di contributo al mantenimento dei figli minori nel giudizio di separazione o divorzio, poichè la tutela degli interessi morali e materiali della prole è sottratta all’iniziativa ed alla disponibilità delle parti, è sempre riconosciuto al giudice il potere di adottare d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio di merito, tutti i provvedimenti necessari per la migliore protezione dei figli, e di esercitare, in deroga alle regole generali sull’onere della prova, i poteri istruttori officiosi necessari alla conoscenza della condizione economica e reddituale delle parti, con la conseguenza che i provvedimenti da emettere devono essere ancorati ad una adeguata verifica delle condizioni patrimoniali dei genitori e delle esigenze di vita dei figli esperibile anche di ufficio (Cass. 24/08/2018, n. 21178 ; Cass. 12/12/2005, n. 27391 )”.
3.6. Fermo quanto precede, rileva il Collegio che, nella specie, la Corte di appello di Genova, nel decidere il motivo di gravame con cui l’appellante aveva contestato le modalità di contribuzione al mantenimento della figlia come sancite dal tribunale (“il padre provvederà in via esclusiva e diretta al mantenimento ordinario della figlia nel periodo in cui la figlia è presso di lui, il padre contribuirà al mantenimento ordinario della figlia versando alla madre la somma di Euro 500,00, somma da versare mediante bonifico bancario entro il giorno 5 dei mesi da giugno a settembre compresi”), assumendo, peraltro, che la concreta situazione economica dell’appellata era, in realtà positiva, si è limitata ad affermare che “non risultando che la B.B. svolga attività lavorativa nè abbia redditi, ed in considerazione degli oneri di viaggio da cui è gravata per fare visita alla figlia e portarla con sè in Lituania, l’importo indicato a carico del padre appare ragionevole e congruo”.
3.6.1. Questa conclusione, però, si rivela sostanzialmente apodittica, priva di qualsivoglia descrizione della concreta situazione patrimoniale del A.A. e dell’avvenuta effettiva valutazione anche degli altri parametri di cui all’art. 337-ter c.c., in particolare, proprio dei “tempi di permanenza presso ciascun genitore” (e, quindi, del mantenimento diretto già assicurato esclusivamente dall’odierno ricorrente per il periodo – da settembre a giugno – di frequentazione scolastica della figlia in Italia), altresì tralasciando di considerare i costi necessariamente sopportati anche dall’appellante per i viaggi in Lituania nei periodi in cui la figlia era ivi presso la madre.
3.6.2. Si è al cospetto, dunque, in relazione alla statuizione sul contributo per il mantenimento della figlia, di una decisione che, nella misura in cui si rivela gravemente inficiata, per quanto si è appena detto, da una motivazione evidentemente al di sotto di quel minimo costituzionale che ancora ne consente il sindacato ad opera di questa Suprema Corte (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014 ), nemmeno può dirsi in linea con quanto sancito dall’art. 337-ter c.c. che, come si è ampiamente riferito in precedenza, impone, nella quantificazione dell’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore, l’osservanza del principio di proporzionalità, che, a sua volta, postula una effettiva valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio, del tenore di vita da lui goduto in costanza di matrimonio dei genitori e dei tempi di permanenza presso ciascuno di essi (cioè, del mantenimento diretto).
4. In conclusione, dunque, il ricorso proposto da A.A. deve essere accolto limitatamente al suo terzo motivo, dichiarandosene inammissibile il primo e respingendosene il secondo. La sentenza, impugnata, pertanto, deve essere cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
5. Va, disposta, da ultimo, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003 , art. 52 .
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso proposto da A.A. limitatamente al suo terzo motivo, dichiarandone inammissibile il primo e respingendone il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Dispone per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003 , art. 52 .
Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 31 maggio 2023.
Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2023